BAKAVISIONE N°18Quando abbiamo deciso di indire questa bakavisione
(la minaccia di doverne intraprendere una a base di strani eroi smutandati ha fatto sì che si dovesse necessariamente trovare un'alternativa) non avrei potuto gioire di più sincero gaudio!
Ad onor del vero c'è da dire che io questo film l'ho visto esattamente sei mesi fa, in aereo, mentre me ne volavo in Corea, così è evidente che per me si tratti di una pellicola carica di ricordi, di malinconia, di affetto
Ma al di là di questo c'è il dato fondamentale: questo film mi è piaciuto molto
e non solo perché ero tramortita dalle centoventisei ore di volo e scalo!
Non è la prima volta - e immagino non lo sia per molti di voi - che guardo un prodotto che si occupa dello spinoso tema della contrapposizione tra Nord e Sud Corea, quindi un minimo di "infarinatura" su come venga generalmente affrontato, almeno dalla parte meridionale della penisola, me la sono fatta, tanto per avere un qualche termine di paragone; eppure sono rimasta sorpresa dall'approccio di
Jang Chul Soo, perché se di contrasto ovviamente si parla, ogni qual volta che le due "metà" sono messe a paragone, in questo caso la dicotomia si ritrova - metaforicamente ma che in maniera più evidente non si potrebbe - anche nella struttura del film, e questa estensione del concetto di contrapposizione non mi era mai capitato di vederla, e l'ho apprezzata
Tutta la prima parte, infatti, non sembrerebbe in alcun modo diversa dalla classica commedia slapstick che ironizza sulla realtà sudcoreana - strizzandole l'occhio col fare benevolo di un nonno - caricando, ancora una volta di valori opposti, la realtà nordcoreana, mentre la seconda parte del film si trasforma in una pellicola d'azione condita di sangue e amarissime lacrime.
Il punto di forza di questa scelta è che la mano del regista ha saputo far convivere questi due opposti in maniera tutto sommato naturale, e se il violento e rapido passaggio dal comico al tragico può lasciare inizialmente interdetti, con un po' di elasticità di pensiero ci si può abbandonare all'idea che la dicotomia venga trattata come un
concetto-limite che finisce per sfociare nella
trascendenza.
Ovvero
la si accetta per quello che è, senza cercare di darsi troppe spiegazioni, consapevoli solo di esserne rimasti affascinati.Ed è esattamente questo l'effetto che Secretly and Greatly ha avuto su di me: quello di aver apprezzato, di aver empatizzato con i protagonisti e con le loro sofferenze e gioie, senza di fatto averle capite pienamente, e non per una mancanza di sceneggiatura, ma sia per un'estraneità culturale/geografica/sociale, sia perché così ha voluto chi ha raccontato la storia.
Sono stati tantissimi i momenti di nodo alla gola, la scena finale in primis, così come sono state innumerevoli le perle interpretative sparse qua e là dai protagonisti: ancora una volta
Kim Soo Hyun e Park Ki Woong eccezionali, più che all'altezza del ruolo, nonostante la giovane età che sulla carta li renderebbe poco credibili nel ruolo di spie esperte e letali.
Una visione che consiglio di cuore.
Voto:
7,5Edited by Veratre - 11/5/2014, 17:14